Il titolo potrebbe essere molto sfumato, ma riassume bene ciò che voglio dire in questo articolo. Lasciatemi spiegare.
È curioso vedere come alcuni comportamenti e abitudini della nostra infanzia non ci abbandonino mai. A volte ci sono utili perché ci permettono di trovare soluzioni semplici a problemi apparentemente complessi, altre volte invece limitano la nostra capacità di giudizio e di azione.
Se applichiamo questo approccio all'utente medio di Internet, troviamo continui riferimenti ai problemi che questo tipo di comportamento provoca.
A mio parere, il comportamento infantile che ci crea più problemi è la difficoltà ad assumerci delle responsabilità.
È molto comune che i bambini piccoli cerchino di sfuggire alle conseguenze dei propri errori nascondendo indizi o dando la colpa a qualcun altro. In un bambino è normale, il problema è quando continuiamo a fare le stesse cose da adulti.
Ho già sollevato questo problema su questo blog in precedenza, parlando delle ragioni che aziende e privati potrebbero addurre per giustificare la loro assenza sui social network o della gestione della sicurezza sui social network. Ma se ci pensiamo bene, troviamo molti esempi in molti ambiti.
Di recente ho letto un articolo su un ex dipendente di WhatsApp che si lamentava aspramente delle presunte "cattive pratiche" di Facebook nel fidelizzare i propri utenti (motivo per cui avrebbe lasciato l'azienda).
Tra questi presunti sporchi trucchi c'è la strategia di Facebook di copiare i servizi da altre piattaforme e la possibilità che condividiamo i nostri dati WhatsApp con Facebook.
Vorrei anche evidenziare un paragrafo scritto dal giornalista:
“Se parla di Facebook come di una “truffa” è perché, secondo lui, l’obiettivo dell’azienda non è offrire qualità o innovazione all’utente, ma creare servizi che ci coinvolgano il più possibile. A questo proposito, lo spagnolo ricorda che i veri clienti di Facebook sono gli inserzionisti, mentre gli utenti sono solo un modo per rendere la piattaforma più attraente per i clienti.
Partendo dal presupposto che, come in ogni campo, ci sono dei limiti che non vanno superati, trovo sconcertante l'ingenuità con cui vengono presentati questi argomenti. Sembra che stia scoprendo una strategia nascosta e perversa di Facebook. Di cosa pensi che vivano le aziende?
Abbiamo sentito argomenti simili numero indonesie da Google e da altre grandi aziende. Queste aziende creano un ecosistema di servizi gratuiti per fidelizzare il più possibile il loro pubblico e cercano di renderlo redditizio attraverso pubblicità e/o servizi a pagamento. Dov'è il problema?
Lamentarsi del fatto che Facebook crei “servizi il più coinvolgenti possibile” equivarrebbe a protestare contro una rete televisiva che lancia nuovi contenuti per aumentare il proprio pubblico.
Sia per una vocazione al servizio, sia per generare una solida base di utenti da monetizzare, queste aziende si concentrano inizialmente sulla ricerca della massima soddisfazione dell'utente. Ed è vero che, con il passare del tempo e l'esigenza di generare reddito, questa attenzione viene condivisa tra l'utente e la redditività. La chiave per la sostenibilità aziendale e l'origine dei reclami degli utenti risiede nella gestione di questo equilibrio.
Una cosa è cercare di mantenere felici gli utenti, un'altra è pensare che cercare di monetizzare la piattaforma significhi truffarli.
Pensare che Facebook o Google siano malvagi perché ci offrono servizi gratuiti in cambio dei nostri clic sulla pubblicità è quantomeno ingenuo.
Le aziende offrono un servizio e cercano di trarne profitto: siamo noi a decidere se accettare o meno l'offerta. Possiamo annullare l'iscrizione, cambiare canale o non acquistare il prodotto. La decisione spetta esclusivamente a noi e non all'azienda che ci offre il servizio.
La pubblicazione di questa notizia ha generato un certo scalpore sui social network. Vi lascio con le discussioni più interessanti, nel caso voleste partecipare. Su Linkedin c'è stato più interesse, ma purtroppo i suoi aggiornamenti non possono essere facilmente integrati. Qui vi lascio quello di Facebook.